Come si può vedere nella serie televisiva "Modern Family" partita nel 2009, parlare oggi di "famiglia", "relazioni familiari", "rapporti genitori figli", apre tutta una serie di sfumature a cui anche la psicologia e i metodi psicologici con cui si affrontano le dinamiche e le problematiche familiari si sono dovuti adeguare. TRA FAMIGLIA TRADIZIONALE E FAMIGLIA MODERNA. La struttura familiare si è inevitabilmente evoluta negli anni. La legge sul divorzio è stata la prima a contribuire a questo cambiamento. Le "famiglie nucleri tradizionali a struttura mono-nucleare" sono evolute in "famiglie bi-nucleari", alcune delle quali a loro volta si sono trasformate in "famiglie pluri-nucleari" e "pluri-genitoriali". Sto parlando ovviamente di "famiglie ricomposte" dove uno o entrambi i genitori hanno già una responsabilità genitoriale che spesso interferisce con le dinamiche della nuova coppia, o della famiglia, nel caso in cui la nuova coppia costituisca un nuovo nucleo familiare (ovvero decidano di avere dei figli loro). Queste famiglie si trovano a dover affrontare diverse problematiche:
Non è facile gestire da soli la complessità delle dinamiche in gioco, spesso si commette l'errore di adottare strategie di coping che portano la coppia ad arenarsi e così ad alimentare conflitti, ambiguità o esclusione del partner dall'educazione dei figli acquisiti per non creare competizione col genitore biologico. Per questo è indispensabile rivolgersi ad un professionista che aiuti la coppia genitoriale a funzionare in modo adeguato e costruttivo, nell'interesse non solo dei figli, ma anche della coppia stessa. COME SI COMPORTA LA PSICOLOGIA OGGI DI FRONTE A QUESTI PROBLEMI? Dal momento che non si può più parlare di "famiglia nucleare tradizionale", il focus dell'analisi oggi non verte più sulla "cultura della devianza", quella che ha prevalso fino agli anni Ottanta, ma sulla "cultura della differenza". Si analizzano i modelli relazionali nei diversi tipi di strutture familiari, le diverse circostanze di vita delle famiglie ricostituite, le relazioni e i rapporti tra tutti i membri delle famiglie ricostituite, invece di evitare i problemi si spingono i vari membri familiari ad affrontare le nuove tematiche e criticità. Si analizzano tutte le risorse a cui attingere per risolvere i problemi non più tradizionali, nell'ottica appunto del evidenziare le differenze. E NELLE COPPIE GAY COME SI PROMUOVE IL BENESSERE FAMILIARE E IL SOSTEGNO ALLA GENITORIALITA' ? Chi sono le "famiglie omogenitoriali"? Sono famiglie con genitori omosessuali, ma anch'esse presentano diverse tipologie di strutture e composizione. La principale macrodistinzione è tra famiglie i cui figli sono stati consepiti in una precedente relazione eterosessuale e cresciuti successivamente nella nuova relazione omosessuale (di uno o entrambi i genitori), come accade per le "famiglie ricomposte" eterosessuali, e le famiglie i cui figli sono concepiti all'interno della relazione omosessuale, chiamate "famiglie di prima costituzione". I vissuti dei figli all'interno di questi due tipi di famiglie sono molto diversi. Nella prima tipologia i figli passano attraverso "il divorzio" e la "rivelazione" dell'omosessualità del/dei genitori. Mentre i vissuti dei genitori assumono, oltre alle dinamiche già viste nelle "famiglie ricomposte", problematiche legate ai vissuti del ex coniuge, dei figli, dei contesti sociali, micro e macro. L'aspetto più rilevante in questa tipologia di famiglia è legato alla "percezione" del genitore che ha fatto coming out nei confronti dei figli, ma anche col mondo esterno, che cambia in modo radicale rispetto a quella tradizionale. Questa problematica non si presenta nelle "famiglie di prima costituzione" in quanto la percezione è intrinsecamente connaturata nel nucleo familiare prima ancora della nascita dei figli. Questa macrodistinzione negli anni ha portato di fatto alla nascita di due diverse assocciazioni in Italia, Rete Genitori Rainbow "famiglie ricomposte" provenienti da precedenti nuclei familiari etero, e Famiglie Arcobaleno "famiglie di prima costituzione" omogenitoriali. Questo perchè il sostegno e l'aspetto psicopedagogico varia in funzione delle problematiche e dinamiche che si presentano. COSA FA IL TERAPEUTA? Il sostegno alla genitorialità delle coppie gay cambia connotazione a seconda dell'origine del nucleo familiare, poichè cambiano i vissuti, le percezioni (proprie e da parte degli altri), le dinamiche che enrano in gioco, soprattutto in relazione al sociale. Ad esempio nelle "famiglie ricomposte" il tema della gestione del coming out è più presente che nelle "famiglie di prima costituzione", inoltre sono presenti problemi che in una famiglia già definitasi omogenitoriale non ci sono, come ad esempio lo stigma, il doversi nascondere e vivere la propria omosessualità in modo privato. Il terapeuta deve tener conto delle differenze legate alla tipologia di famiglia, alla coppia omosessuale e omogenitoriale. Nel caso delle "famiglie ricomposte" è importante lavorare sul superamento dell'imbarazzo, sul coming out, sul viversi non più in modo privato la propria omosessualità, sui vissuti dei figli legati alla "rivelazione", sulla frustrazione del ex partner, sulla gestione delle problematiche già viste nei casi di "famiglie ricomposte etero" aggravate dal tema dell'omosessualità (gestione dei rapporti coi figli, con l'altro genitore, l'introduzione del nuovo partner). Nel caso delle "famiglie di prima costituzione" spesso le coppie omosessuali si approcciano al terapeuta per prepararsi in modo consapevole e responsabile all'arrivo dei figli. Successivamente è importante, più che lavorare sui vissuti già intrinsechi, esplorare i livelli di integrazione nel contesto sociale, micro e macro. Capire se esiste una rete di supporto, una connessione con altre famiglie omogenitoriali ad esempio, che può conferire un significato di identità e validazione alla famiglia. Il terapeuta lavora anche per aiutare genitori e figli a fronteggiare il pregiudizio esterno e a gestire frustrazioni legate a situazioni di imbarazzo e rifiuto. E' fondamentale anche una collaborazione con il contesto sociale e scolastico, inteso come sensibilizzazione, formazione e guida, al fine di rendere l'esperienza della famiglia più possibile positiva. Oggi vorrei occuparmi di uno dei capisaldi della professione dello psicologo, IL SEGRETO PROFESSIONALE. Il segreto professionale vale anche se il paziente è minorenne? Lavorando anche con adolescenti mi è capitato a volte di dovermi rapportare con genitori arrabbiati perché non ero disposta a condividere con loro gli argomenti trattati con i loro figli. Qualche volta mi sono sentita addirittura dire "mio figlio è minorenne e perciò è mio diritto sapere cosa le dice". Cercare di far capire al genitore che i loro figli, come chiunque altro, hanno dei diritti e che anche loro in terapia sono tutelati dalla privacy e dalla riservatezza non è sempre facile. Iniziamo facendo un po' di chiarezza sul "segreto professionale" cui lo psicologo è "deontologicamente ed eticamente" obbligato nei confronti del paziente. Intanto esiste una sostanziale differenza tra lo psicologo che lavora nel pubblico e lo psicologo in ambito privato. Lo psicologo privato, a differenza dello psicologo del servizio pubblico, che è un pubblico ufficiale, non ha obbligo di denuncia per reati già commessi, non può denunciare il proprio paziente, altrimenti rischia una denuncia penale dal paziente stesso (Art.622 del Codice Penale). Esistono però delle deroghe al segreto professionale: Qualora il reato confessato stia per essere reiterato con possibili lesioni gravi o morte di altri soggetti (compreso il paziente stesso), vi è la deroga per giusta causa. E' ugualmente considerata una deroga per giusta causa se è lo psicologo ad essere in pericolo di vita o di lesioni gravi. Anche in questi casi però si riferisce agli inquirenti solo lo stretto necessario e non i dettagli delle sedute. Dunque, tutti i pazienti, sia in ambito pubblico che privato, hanno dei diritti che sono specificati nel codice deontologico dello psicologo (reperibile nei siti degli albi). Tra questi diritti vorrei occuparmi nello specifico del diritto alla riservatezza e alla privacy. Intanto vediamo cos’è il diritto alla privacy. "Il diritto alla privacy è il diritto soggettivo di costruire liberamente e difendere la propria sfera privata, controllando l’uso che gli altri fanno delle informazioni che riguardano il singolo individuo: è un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione." La privacy dunque rappresenta una sorta di "diritto individuale, che tutela il singolo", è il diritto alla riservatezza delle informazioni personali e della propria vita privata, uno strumento posto a salvaguardia e a tutela della sfera privata del singolo individuo contro l'intromissione da parte di terzi. Il CODICE DEONTOLOGICO si occupa di questo argomento nello specifico nei seguenti articoli: art. 4 (DIRITTO ALLA RISERVATEZZA): Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi. Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui lo psicologo opera, quest’ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui è professionalmente tenuto. In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell’intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell’intervento stesso. art. 11 (SEGRETO PROFESSIONALE): Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti. art. 12 (TESTIMONIANZA E DEROGA AL SEGRETO): Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale. Lo psicologo può derogare all’obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l’opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso. art. 13 (OBBLIGO DI REFERTO E OBBLIGO DI DENUNCIA): Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto. Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi. Nello specifico, per quanto riguarda i minori si evince dal Capo II – Rapporti con l’utenza e con la committenza, art. 31 (CONSENSO INFORMATO MINORI): "Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela. Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte". Questo consenso viene sempre preventivamente fatto firmare dallo psicologo ad entrambi i genitori e tutela il minore nei suoi diritti di paziente/cliente in tutto e per tutto, inclusa riservatezza e privacy. Ne consegue che:
Lo psicologo deve comprendere e rispettare le esigenze di riservatezza del minore, tanto più quanto è maggiore la loro età e il loro livello di maturità. L’interesse dello psicologo è sempre quello di instaurare un rapporto fiduciario forte col paziente, minore o adulto che sia: è "la relazione" il principale strumento di lavoro in psicoterapia. Come ho scritto in una pagina del mio sito: "Attraverso la creazione di uno spazio personale, in questo ambiente protetto basato su un ascolto autentico e la sospensione di ogni forma di giudizio, si delineerà quella particolare relazione tra terapeuta e paziente che accompagnerà quest’ultimo nel percorso di crescita personale". Quando un genitore cerca di intromettersi in questo rapporto lo mina e quindi mina la terapia stessa. Resta il fatto che nei percorsi psicologici con minori i genitori vengono non solo coinvolti nel processo diagnostico (attraverso la restituzione della diagnosi), ma anche in quello terapeutico, nell'ottica di una collaborazione utile al raggiungimento degli obiettivi stabiliti in terapia. Le informazioni condivise col genitore sono stabilite dal terapeuta in base all'utilità e i vantaggi che questo può comportare per il minore e per il successo del percorso terapeutico. Uno degli obiettivi della terapia è quello di favorire e rinforzare il dialogo tra genitori e figli, quindi un loro coinvolgimento va sempre suggerito al paziente minorenne quando è utile. Lo psicologo non è alleato del figlio e nemico del genitore, semmai è il ponte che punta ad unirli, per questo i genitori dovrebbero fidarsi maggiormente dello specialista a cui affidano il loro figlio, e lo fanno contrattualmente nel momento in cui firmano il consenso informato. Lo psicologo deve quindi avvalersi della sua competenza e autonomia professionale per decidere se è opportuno o meno riferire al genitore delle informazioni sul figlio senza il suo esplicito consenso, valutando attentamente se tali informazioni tutelano la salute e il benessere del minore. In altri casi invece può risultare necessario coinvolgere i genitori, ma è importante anche non rompere il rapporto di fiducia con il minore e il suo diritto alla riservatezza. In questi casi si può concordare insieme al minore stesso la modalità di contatto con i suoi genitori e i contenuti della comunicazione. Quindi, per concludere, se lo psicologo ritiene che il suo silenzio non sia pregiudizievole per l'incolumità del minore, ha la facoltà e il "dovere etico" di garantirgli assoluta riservatezza. Nel caso in cui invece ritenga che tenere all’oscuro i genitori possa pregiudicare l'incolumità del minore può e deve informarli, senza che ciò si configuri come violazione del segreto professionale. Per tutti coloro che avessero domande o volessero anche solo partecipare dicendo il loro punto di vista, vi invito a scrivere nella parte apposita del blog. Allego copia di modello di consenso a visione degli interessati. Per domande sull'argomento scrivetemi all'indirizzo [email protected] o usate il modulo qua sotto e riceverete risposte in tempi brevi.
La separazione non è un processo facile, soprattutto quando a concludersi è una relazione di lunga durata da cui si è generata una famiglia. Così, di fronte alla difficoltà di una crisi, si moltiplicano esponenzialmente le richieste di consulenza genitoriale. Ma perché accade ciò? Quale è il motivo di una così immediata consequenzialità?
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Anna Rita Mancini
Psicologa e psicoterapeuta a orientamento psicodinamico integrato con tecniche cognitive e tratte dalla Schema Therapy. Esperta in psicodiagnostica, orientamento e formazione. Dal 2007 mi occupo di supporto psicologico e psicoterapeutico per adulti e minori in età scolare, sia in materia di problematiche relazionali, affettive (di coppia, genitori-figli, sociali, ecc.), difficoltà di gestione dei conflitti personali e interpersonali, elaborazione di traumi legati a perdite affettive, educazione e genitorialità a 360 gradi, tema quest'ultimo sul quale ho tenuto corsi di formazione per le scuole pubbliche primarie e secondarie. Da diversi anni, inoltre, offro orientamento e supporto a coppie in fase di separazione e/o bisognose di un accompagnamento psicologico durante il periodo della difficile elaborazione decisionale. Archivi
Febbraio 2023
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