1.Cos'è il Parent Training? Si tratta di un "intervento psicoterapeutico" di matrice cognitivo comportamentale che ha l’obiettivo di "coinvolgere i genitori nel programma riabilitativo e terapeutico intrapreso dai figli". Gli incontri di Parent Training sono condotti da uno psicologo-psicoterapeuta che, partendo da situazioni di vita quotidiana riferite dai genitori, fornisce "strumenti utili alla gestione dello stress e delle problematiche presentate". Nello specifico, questo intevento permette di lavorare sul bambino e sull'adolescente attraverso il "rapporto di consulenza e orientamento formativo con i genitori". Ovvero, sono i genitori che si rivolgono al terapeuta per un percorso "psicoeducativo", diventando il mezzo attraverso cui, con la guida del terapeuta, si arriva ad ottenere i cambiamenti nei comportamenti disfunzionali dei figli. L’approccio terapeutico con i minori per i "Disturbi dell’età evolutiva" è sucuramente efficace, ma presenta dei limiti. Non sempre i risultati raggiunti in terapia col bambino si estendono anche nei suoi ambiti di vita: famiglia, scuola, contesti relazionali e sportivi. Per questo motivo si rivela spesso utile trasferire anche in questi contesti le strategie che si sono dimostrate utili in ambito clinico. Qui entra in gioco il Parent Training attraverso "programmi strutturati" nei quali una parte del lavoro viene svolta dai genitori in casa, sotto la supervisione del terapeuta. Questi programmi prevedono che il terapeuta aiuti i genitori a svolgere "osservazioni sistematiche" (strutturate e specifiche) dei figli, per aiutarli ad individuare ed utilizzare strumenti di intervento più efficaci nella relazione con loro. 2. Quali sono i vantaggi del parent training? Il Parent Training mira a: migliorare la relazione e la comunicazione tra genitori e figli; aumentare la capacità di "analisi oggettiva" dei problemi educativi che possono insorgere; aumentare la consapevolezza dello "sviluppo psicologico" dei figli; utilizzare metodi educativi più efficaci. Obiettivo finale di un programma di Parent Training ben strutturato e gestito aiuta a rendere la vita familiare e i problemi educativi facilmente gestibili e non più fonte di problemi e di stress. Numerose ricerche hanno evidenziato l’importanza dello "stile genitoriale, delle abitudini familiari e delle interazioni genitore-figlio" sullo sviluppo cognitivo, emotivo e comportamentale del bambino. Per questo la famiglia costituisce una risorsa importante da cui attingere per il trattamento dei comportamenti disfunzionali dei bambini e per la promozione di comportamenti più funzionali. I comportamenti dei bambini spesso tendono ad essere interpretati erroneamente da parte dei genitori, per cui la reazione manifestata dai genitori potrebbe non essere quella più adatta e potrebbe attivare una catena di "comportamenti problema" sempre più crescente. Una maggiore "consapevolezza di queste dinamiche", ad opera della lettura fornita dal terapeuta, permette al genitore di effettuare un’interpretazione alternativa dei comportamenti e delle emozioni del bambino e di rispondere perciò in modo più efficace alle sue richieste. 3.Come è strutturato il programma di Parent Training e quando è utile? Il programma è suddiviso in due macroaree: "momento informativo" in cui si illustrano le caratteristiche del funzionamento cognitivo e comportamentale del bambino e si favorisce la conoscenza del disturbo che presenta; "momento formativo" che prevede sia la "definizione dei comportamenti problema" che la ricerca delle "strategie" utili a promuovere il cambiamento. Il Parent Training diventa fondamentale per tutti i problemi comportamentali in età evolutiva quali: il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD); il Disturbo Oppositivo-Provocatorio; il Disturbo della Condotta; il Disturbo dello spettro autistico; ecc. Risulta efficace anche in assenza di specifici disturbi, nell’insegnamento di "strategie da applicare nella quotidianità" in ogni fase critica della crescita e dello sviluppo emotivo dei figli. In questo modo il genitore si percepisce meno inadeguato e ciò riduce anche lo stress personale e familiare. 4. Due modelli di realizzazione.
Per domande sull'argomento scrivetemi all'indirizzo [email protected] o usate il modulo qua sotto e riceverete risposte in tempi brevi. 10/21/2020 La salute psicologica è un diritto!La professione dello psicologo, come citato dalla L 56/'89, è una professione intellettuale, come quella del medico, dell'avvocato, etc. Che cosa significa "Professioni intellettuali"? Sono così definite tutte quelle attività professionali in cui la prestazione presenta un carattere intellettuale di gran lunga superiore a quello materiale. Ovvero, il raggiungimento del risultato non è tangibile, come ad esempio quello dell'artigiano, e non è obbligatorio, ma il professionista è moralmente e deontologicamente obbligato a garantire il massimo impegno e ad utilizzare tutte le competenze tecniche e metodologie scientifiche che rientrano nel suo bagaglio formativo ed esperenziale al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi concordati in fase contrattuale col cliente. Nel caso dello psicologo si parla di attività di natura sanitaria, svolta da un professionista laureato e la cui professione è stata riconosciuta in seguito al superamento di un "esame di stato", debitamente iscritto ad albo professionale. Lo psicoterapeuta è uno psicologo o medico formatosi attraverso una Scuola di Specializzazione riconosciuta dal Ministero, e regolarmente iscritto al proprio ordine professionale, in grado quindi di offrire percorsi maggiormente strutturati ed in possesso di competenze tecniche e trasversali maggiori (come spiegato meglio nelle sottopagine del mio sito). Spesso ci si rivolge al professionista quando il disagio è insopportabile o quando le persone si sentono perse e senza speranza, occorrerebbe invece intervenire prima, per evitare una lunga e dolorosa sofferenza e per garantire il raggiungimento dell'equilibrio e del benessere in tempi brevi e veloci. Per questo si sta puntando sempre più al riconoscimento del "diritto alla salute psicologica" anche nel nostro paese, attraverso campagne di sensibilizzazione e un lavoro a tavolino tra Ordine Nazionale Psicologi e Governo. Analizziamo intanto meglio l'aggressività umana.
L'aggressività è sicuramente un istinto, esiste in ogni essere umano una forza cieca e irrazionale che lo spinge, in determinate circostanze specie quando c'è di mezzo la sopravvivenza, a manifestazioni di violenza e distruttività. Ma l'aggressività è anche un comportamento, esiste un temperamento con il quale si nasce e un carattere che si forma in virtù dell'ambiente circostante. Questo vuole dire che anche se una persona nasce con una predisposizione, è possibile che questa venga corretta durante la crescita in un ambiente sano ed educativo. Possiamo quindi definire l'aggressività come una “pulsione del carattere” e tale carattere è determinato socialmente e culturalmente. In alcuni casi l'aggressività è il risultato di aspetti patologici che sono osservabili sin dall'età evolutiva. Il DSM-5 raggruppa tra i disturbi dell'infanzia e dell'adolescenza i “disturbi dirompenti da discontrollo degli impulsi e della condotta”. Tra questi rientra ad esempio il disturbo oppositivo provocatorio. Si tratta di bambini con difficoltà a controllare le proprie emozioni e i propri comportamenti, specie l'aggressività. Questi bambini mettono in atto comportamenti in conflitto con le norme sociali e tendono a violare i diritti degli altri. Sono collerici, irritabili, estremamente polemici, provocatori e vendicativi, manifestano comportamenti ostili e di sfida, non rispettano le regole, manifestano esagerati e violenti scoppi d'ira di fronte ad obblighi e divieti. L'evoluzione di questo disturbo, se non trattato a livello psico-educativo porta con molta probabilità al disturbo della condotta, molto frequente nell'adolescenza. In questo caso l'aggressività diventa dirompente sfociando in “condotte aggressive” che provocano danni fisici a persone e animali, e “condotte non aggressive” che sfociano nel danneggiamento della proprietà. Un ulteriore evoluzione sfocia nel disturbo antisociale di personalità che prosegue fino all'età adulta. Esiste anche il disturbo esplosivo intermittente dove la persona è totalmente incapace di controllare gli impulsi aggressivi. Si tratta di “una rabbia cieca”, esplosioni rapide e impulsive dirompenti, sia verbali che fisiche, che possono essere rivolte verso oggetti o persone. E' chiaro che un mancato intervento favorisce il consolidarsi di modalità comportamentali che possono col tempo interferire con la vita sociale, scolastica e lavorativa, fino a portare alla perdita della libertà a causa di violazioni di leggi. Cosa si può fare per imparare a gestire la rabbia? Esistono varie tecniche d'intervento attraverso le quali, con l'aiuto di un terapeuta, è possibile lavorare sul riconoscimento e il controllo delle reazioni aggressive e dei vissuti che ne favoriscono l'insorgenza. Partendo dal presupposto che l'aggressività è sempre conseguenza di una “frustrazione” e che il vissuto e la reazione più immediata alle frustrazioni è la rabbia, è possibile imparare a riconoscere le proprie sensazioni e imparare a controllarle. Più la capacità di elaborare soluzioni alternative è sviluppata, minore è la probabilità di ricorrere a comportamenti aggressivi. Occorre perciò lavorare su una maggior consapevolezza delle proprie emozioni, delle ragioni che hanno portato la persona ad orientarsi verso uno stile di vita prevalentemente ricco di rabbia, risentimento e tendente all'evitamento sociale o all'attuazione di comportamenti antisociali, e delle conseguenze che ciò comporta. Si potrà poi lavorare sullo sviluppo di modi di pensare e comportamenti pro-sociali, si svilupperà un maggior interesse per gli altri, si imparerà a gestire in modo più positivo la frustrazione e a mettere in atto soluzioni opposte alla rabbia e risentimento, che invece sono distruttive in primis per la persona stessa oltre che verso gli altri. Il raggiungimento di tali obiettivi è favorito dall'utilizzo di tecniche come il “modelling” (dove il terapeuta funge da modello), il “rispecchiamento empatico” e “l'inversione di ruoli”. Si potranno così acquisire o sviluppare nuove capacità cognitive quali pensare e attuare soluzioni alternative non aggressive, valutare le conseguenze delle proprie azioni, controllo degli impulsi, pensare in modo strumentale, pianificare positivamente e consapevolmente, pensare in termini di causa/effetto, vedere i problemi senza rigidità e pregiudizio ma in modo empatico, riconoscere i sentimenti suscitati negli altri dalle nostre azioni. |
Anna Rita Mancini
Psicologa e psicoterapeuta a orientamento psicodinamico integrato con tecniche cognitive e tratte dalla Schema Therapy. Esperta in psicodiagnostica, orientamento e formazione. Dal 2007 mi occupo di supporto psicologico e psicoterapeutico per adulti e minori in età scolare, sia in materia di problematiche relazionali, affettive (di coppia, genitori-figli, sociali, ecc.), difficoltà di gestione dei conflitti personali e interpersonali, elaborazione di traumi legati a perdite affettive, educazione e genitorialità a 360 gradi, tema quest'ultimo sul quale ho tenuto corsi di formazione per le scuole pubbliche primarie e secondarie. Da diversi anni, inoltre, offro orientamento e supporto a coppie in fase di separazione e/o bisognose di un accompagnamento psicologico durante il periodo della difficile elaborazione decisionale. Archivi
Febbraio 2023
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