Analizziamo intanto meglio l'aggressività umana.
L'aggressività è sicuramente un istinto, esiste in ogni essere umano una forza cieca e irrazionale che lo spinge, in determinate circostanze specie quando c'è di mezzo la sopravvivenza, a manifestazioni di violenza e distruttività. Ma l'aggressività è anche un comportamento, esiste un temperamento con il quale si nasce e un carattere che si forma in virtù dell'ambiente circostante. Questo vuole dire che anche se una persona nasce con una predisposizione, è possibile che questa venga corretta durante la crescita in un ambiente sano ed educativo. Possiamo quindi definire l'aggressività come una “pulsione del carattere” e tale carattere è determinato socialmente e culturalmente. In alcuni casi l'aggressività è il risultato di aspetti patologici che sono osservabili sin dall'età evolutiva. Il DSM-5 raggruppa tra i disturbi dell'infanzia e dell'adolescenza i “disturbi dirompenti da discontrollo degli impulsi e della condotta”. Tra questi rientra ad esempio il disturbo oppositivo provocatorio. Si tratta di bambini con difficoltà a controllare le proprie emozioni e i propri comportamenti, specie l'aggressività. Questi bambini mettono in atto comportamenti in conflitto con le norme sociali e tendono a violare i diritti degli altri. Sono collerici, irritabili, estremamente polemici, provocatori e vendicativi, manifestano comportamenti ostili e di sfida, non rispettano le regole, manifestano esagerati e violenti scoppi d'ira di fronte ad obblighi e divieti. L'evoluzione di questo disturbo, se non trattato a livello psico-educativo porta con molta probabilità al disturbo della condotta, molto frequente nell'adolescenza. In questo caso l'aggressività diventa dirompente sfociando in “condotte aggressive” che provocano danni fisici a persone e animali, e “condotte non aggressive” che sfociano nel danneggiamento della proprietà. Un ulteriore evoluzione sfocia nel disturbo antisociale di personalità che prosegue fino all'età adulta. Esiste anche il disturbo esplosivo intermittente dove la persona è totalmente incapace di controllare gli impulsi aggressivi. Si tratta di “una rabbia cieca”, esplosioni rapide e impulsive dirompenti, sia verbali che fisiche, che possono essere rivolte verso oggetti o persone. E' chiaro che un mancato intervento favorisce il consolidarsi di modalità comportamentali che possono col tempo interferire con la vita sociale, scolastica e lavorativa, fino a portare alla perdita della libertà a causa di violazioni di leggi. Cosa si può fare per imparare a gestire la rabbia? Esistono varie tecniche d'intervento attraverso le quali, con l'aiuto di un terapeuta, è possibile lavorare sul riconoscimento e il controllo delle reazioni aggressive e dei vissuti che ne favoriscono l'insorgenza. Partendo dal presupposto che l'aggressività è sempre conseguenza di una “frustrazione” e che il vissuto e la reazione più immediata alle frustrazioni è la rabbia, è possibile imparare a riconoscere le proprie sensazioni e imparare a controllarle. Più la capacità di elaborare soluzioni alternative è sviluppata, minore è la probabilità di ricorrere a comportamenti aggressivi. Occorre perciò lavorare su una maggior consapevolezza delle proprie emozioni, delle ragioni che hanno portato la persona ad orientarsi verso uno stile di vita prevalentemente ricco di rabbia, risentimento e tendente all'evitamento sociale o all'attuazione di comportamenti antisociali, e delle conseguenze che ciò comporta. Si potrà poi lavorare sullo sviluppo di modi di pensare e comportamenti pro-sociali, si svilupperà un maggior interesse per gli altri, si imparerà a gestire in modo più positivo la frustrazione e a mettere in atto soluzioni opposte alla rabbia e risentimento, che invece sono distruttive in primis per la persona stessa oltre che verso gli altri. Il raggiungimento di tali obiettivi è favorito dall'utilizzo di tecniche come il “modelling” (dove il terapeuta funge da modello), il “rispecchiamento empatico” e “l'inversione di ruoli”. Si potranno così acquisire o sviluppare nuove capacità cognitive quali pensare e attuare soluzioni alternative non aggressive, valutare le conseguenze delle proprie azioni, controllo degli impulsi, pensare in modo strumentale, pianificare positivamente e consapevolmente, pensare in termini di causa/effetto, vedere i problemi senza rigidità e pregiudizio ma in modo empatico, riconoscere i sentimenti suscitati negli altri dalle nostre azioni. I commenti sono chiusi.
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Anna Rita Mancini
Psicologa e psicoterapeuta a orientamento psicodinamico integrato con tecniche cognitive e tratte dalla Schema Therapy. Esperta in psicodiagnostica, orientamento e formazione. Dal 2007 mi occupo di supporto psicologico e psicoterapeutico per adulti e minori in età scolare, sia in materia di problematiche relazionali, affettive (di coppia, genitori-figli, sociali, ecc.), difficoltà di gestione dei conflitti personali e interpersonali, elaborazione di traumi legati a perdite affettive, educazione e genitorialità a 360 gradi, tema quest'ultimo sul quale ho tenuto corsi di formazione per le scuole pubbliche primarie e secondarie. Da diversi anni, inoltre, offro orientamento e supporto a coppie in fase di separazione e/o bisognose di un accompagnamento psicologico durante il periodo della difficile elaborazione decisionale. Archivi
Febbraio 2023
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